Riflessione estemporanea sulla sinistra e le elezioni. È da Otane, Meganizo e Dario che è salda la convinzione che la polarizzazione di una società in ricchi e poveri produce la stasis, vale a dire la guerra civile e quindi il disastro. D’altra parte (e Aristotele ci insiste molto) è altrettanto chiaro e da millenni che una ricca, robusta e prospera classe media è un elemento importante per la stabilità di una città. Il punto è capire cosa è che produce una ricca e prospera classe media. L’errore compiuto in questi anni è stato quello di pensare che una classe media fosse il naturale e spontaneo prodotto delle forze di mercato. Il che si è rivelato falso. Il mercato (oggi e sempre sia benedetto) è uno straordinario strumento per la produzione di ricchezza, ma non di giustizia sociale. Per fare quello serve altro. Serve uno stato sociale, che non soffochi il mercato, che garantista a tutti i diritti sociali. Questo significa che quella ricca e prospera classe media è il prodotto di una precisa azione politica e di una precisa struttura istituzionale. Il che d’altra parte significa che il collasso del ceto medio è dovuto alla mancata manutenzione dello stato sociale e alla mancata tutela dei diritti sociali. Questo ha prodotto una vera e propria mutazione genetica, va a dire la trasformazione del popolo in folla. Dove il primo è un attore politico razionale, moderato e tendenzialmente ottimistra riguardo al futuro; mentre il secondo è un attore politico irrazionale, reazionario e che ha paura del futuro. Ora il punto è che gran parte delle analisi politiche che si fanno deplorano il peggioramento dell’offerta politica: il populismo dei Cinque Stelle; il razzismo della lega; il nazionalismo ottuso delle altre destre. Ma non si dice che questa mutazione dell’offerta politica è consegunte alla mutazione della domanda politica: è la folla (il fu popolo) che chiede muri perché ha paura; che chiede assistenza perché non vede per sè un futuro; che chiede di cacciare gli stranieri perché teme che non ci sia pane per tutti. Il che si evince anche dal fatto che se prima le elezioni si vincevano al centro, conquistando i moderati; ora al centro non c’è più nessuno e le elezioni si vincono agli estremi. Nascono anche di qui gli affanni di Forza Italia e del PD. Questo vuol dire che se anche Salvini diventasse il capitano della Sea Wacht, la Meloni si sposasse con Macron, e i Cinque Stelle diventassero dei colti socialdemocratici, il problema non si risolverebbe. La folla, che muggisce come una mandria di tori impauriti (così Platone descrive il popolo ateniese che volle la morte di Socrate) resterebbe lì a covare odio e meditare il ribaltamento di quell’ordine liberal-democratico di cui si sente vittima.
(Estratto dal libro “Il socialismo liberale di Bettino Craxi“, Licosia, 2015) Eppure si sbaglierebbe a pensare che questa enfasi sul ruolo centrale dell’impresa e del mercato faccia di Craxi l’antesignano del neoliberismo in Italia. Né Leggi tutto…
Pare che il PD oggi non dedicherà nemmeno un momento per commemorare Craxi, non lo faranno i figli del PCI nè quelli della sinistra DC. A proposito, ricordo che qualche tempo fa Fabio Fazio chiese Leggi tutto…
C’è un’ombra che oramai avvolge ogni cosa, un retropensiero che smorza ogni sorriso e entusiasmo per i tempi nuovi che stiamo vivendo e cioè l’idea del collasso imminente. Vale a dire, l’idea che l’Italia, l’Europa, Leggi tutto…
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Il problema è la domanda
Pubblicato da Redazione il
Riflessione estemporanea sulla sinistra e le elezioni.
È da Otane, Meganizo e Dario che è salda la convinzione che la polarizzazione di una società in ricchi e poveri produce la stasis, vale a dire la guerra civile e quindi il disastro.
D’altra parte (e Aristotele ci insiste molto) è altrettanto chiaro e da millenni che una ricca, robusta e prospera classe media è un elemento importante per la stabilità di una città.
Il punto è capire cosa è che produce una ricca e prospera classe media. L’errore compiuto in questi anni è stato quello di pensare che una classe media fosse il naturale e spontaneo prodotto delle forze di mercato.
Il che si è rivelato falso. Il mercato (oggi e sempre sia benedetto) è uno straordinario strumento per la produzione di ricchezza, ma non di giustizia sociale. Per fare quello serve altro. Serve uno stato sociale, che non soffochi il mercato, che garantista a tutti i diritti sociali.
Questo significa che quella ricca e prospera classe media è il prodotto di una precisa azione politica e di una precisa struttura istituzionale.
Il che d’altra parte significa che il collasso del ceto medio è dovuto alla mancata manutenzione dello stato sociale e alla mancata tutela dei diritti sociali.
Questo ha prodotto una vera e propria mutazione genetica, va a dire la trasformazione del popolo in folla. Dove il primo è un attore politico razionale, moderato e tendenzialmente ottimistra riguardo al futuro; mentre il secondo è un attore politico irrazionale, reazionario e che ha paura del futuro.
Ora il punto è che gran parte delle analisi politiche che si fanno deplorano il peggioramento dell’offerta politica: il populismo dei Cinque Stelle; il razzismo della lega; il nazionalismo ottuso delle altre destre.
Ma non si dice che questa mutazione dell’offerta politica è consegunte alla mutazione della domanda politica: è la folla (il fu popolo) che chiede muri perché ha paura; che chiede assistenza perché non vede per sè un futuro; che chiede di cacciare gli stranieri perché teme che non ci sia pane per tutti.
Il che si evince anche dal fatto che se prima le elezioni si vincevano al centro, conquistando i moderati; ora al centro non c’è più nessuno e le elezioni si vincono agli estremi. Nascono anche di qui gli affanni di Forza Italia e del PD.
Questo vuol dire che se anche Salvini diventasse il capitano della Sea Wacht, la Meloni si sposasse con Macron, e i Cinque Stelle diventassero dei colti socialdemocratici, il problema non si risolverebbe.
La folla, che muggisce come una mandria di tori impauriti (così Platone descrive il popolo ateniese che volle la morte di Socrate) resterebbe lì a covare odio e meditare il ribaltamento di quell’ordine liberal-democratico di cui si sente vittima.
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